un woodoo alla rovescia
William Vecchietti è un pittore, e dipinge tele di formato medio/grande
con acrilici e paste colorate.
Meglio sarebbe dire che acrilici e paste colorate sono William
Vecchietti e fissano come un occhio un pittore di medio/grande formato.
Fissare su tela, come si impressiona su una pellicola fotosensibile, un
paesaggio interiore o un incubo notturno.
Il paragone non è gratuito; fotografia e opere di Vecchietti
condividono la stessa rarefazione della e dalla materia.
La stessa inafferrabilità degli oggetti e dei corpi che, privi di
spessore seppur precisamente definiti, si stagliano su fondi
multicolori come silhouettes.
A volte, proprio per testare questa rarefazione, ecco un occhio fatto
di paste colorate che si appoggia alla superficie della tela.
Nessuna profondità come una foto scattata col diaframma tutto aperto,
dove lo sfondo non più a fuoco diventa una serie di forme colorate su
cui come in un palcoscenico, si muovono impronte di oggetti e di mani.
Non sono oggetti neutrali quelli delle tele del Vecchietti, vivono
lungo i mille accadimenti della vita quotidiana e si mostrano in tutta
la loro distruttività nell’Intolleranza.
Guerra, razzismo, moralismo sono le cento facce con cui essa appare e
sono così che appaiono in questi quadri che spesso si rivelano non più
opere pittoriche ma come il percorso di un rito compiuto: un woodoo
alla rovescia dove disegnare il nemico vuol dire annientarlo e dove il
tratteggiare l’amico è già averlo protetto per sempre.
Ecco pèrchè le opere del Vecchietti sembrano anche il tracciato di una
performance avvenuta mentre l’artista tracciava via via i segni della
sua opera.
Confrontatele con un graffito preistorico o con un murale
metropolitano: tutti e tre non possono essere scissi dall’immagine
dell’azione che alla fine generati.
E come un ex-voto, spaziali, i quadri di Vecchietti stanno li a
dimostrare che a volte l’ingenuità ha una forza incommensurabile e una
vitalità universale
William Vecchietti is a painter and he paints on canvas of medium and
large size with acrylics and colours pastels.
It would be better to say that acrylic and pastels are William
Vecchietti and fix, as en eye, a painter of medium/higt stature.
To fix on a canvas, like imprintig on a photo-sensitive film, an inner
landscape or a nightmare.
The comparison is not gratuitous; photos and works of William
vecchietti share the same rarefaction of and from the matter.
The very same elusivity ok the objects and of the bodies which, without
thickness even if exactly defined, stand out on a multicoloured
background as silohuettes.
Some times, just to test this rarefaction, here is an eye made of
colour pastels that leans on the surface of the painting.
No depth, just like a photo taken with the stop fully open, where the
background is not in focus anymore and becomes a series of colour
shapes where, as on the stage, the marks of objects and hands are
moving.
The subjects of Vecchietti’s paintings are not neutral, they live along
with the thousand events of every day’s life-and they appear in all
their destructivity in the Intollerance.
War, racialism, moralism are the thousand faces of the life and in
these paintings they appear not as pictorial works but as the course of
an accomplished rite : an upside down woodoo where drawing the Enemy
means annihilating him and where sketching the Friend means to have
already protected him forever.
That’s why Vecchietti’s paintings seem to be the layout of a
performance that happened while the artist gradually marked out the
signs of his work compare them with the prehistoric grafittes or with a
metropolitan mural painting: all three of them can not be separated
from the image of action that, at the end, generated them.
And, like spatial ex-vote, Vecchietti’s paintings are there to show
that sometimes ingenuousness as an incommensurable strength and
universal vitality
Oskar Barrile 9/1/94